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“Concessioni demaniali? Daremo certezze immediate ai balneari”

Carlo Salvemini, sindaco di Lecce

“Ho letto con grande interesse questa mattina la sentenza del Tar Lecce – estensore il Presidente – che dichiara illegittimo il provvedimento col quale un dirigente comunale ha annullato in autotutela la  proroga di una concessione demaniale precedentemente concessa fino al 2033.  Ciò in ragione della nota complessità e delicatezza della materia, rispetto alla quale l’Amministrazione Comunale di Lecce ha approvato con delibera di giunta un atto di indirizzo per individuare una soluzione a quello che viene considerato un vero e proprio garbuglio giuridico.

La questione oggetto della sentenza si concentra sull’asserito obbligo della Pubblica Amministrazione di conformare la propria attività alla legge, senza alcuna possibilità di disapplicarla, da cui consegue secondo il TAR di Lecce il vincolo del dirigente comunale di osservare la legge 145/2018 (commi 682-683 art. 1), dispositiva di proroga fino 2033 delle concessioni demaniali marittime in scadenza il 31/12/2020. Con ciò prendendo nettamente le distanze da quanto stabilito dal Consiglio di Stato con sentenza del 2019, secondo cui il funzionario pubblico è tenuto a non applicare la suddetta norma, in quanto in contrasto col diritto eurounitario. E ad ulteriore riprova della complessità della materia e della molteplicità di opinioni- tutte autorevoli- che vi sono sul tema.

Ciò ha convinto la nostra amministrazione a ricercare una exit strategy che dia certezze immediate ai balneari e garantisca una corretta gestione del demanio al Comune: quella appunto della proroga tecnica per superare l’evidente questione che inevitabilmente insorge sotto vari profili, non ultimo quello edilizio-paesaggistico, di un utilizzo del bene demaniale senza titolo concessorio (certamente in scadenza al 31.12.2020).

Invito nuovamente i concessionari balneari a valutare con attenzione la proposta loro avanzata che non viene ad essere automaticamente superata dalla odierna sentenza del TAR, sempre soggetta ad impugnazione e quindi suscettibile di revisione da parte del Consiglio di Stato. Autorità Giudiziaria che, come detto, in senso opposto, si è già espressa sulla doverosità della disapplicazione della normativa nazionale in contrasto con quella comunitaria ed alle pronunce della quale – in quanto definitive- occorre riferirsi per dare certezza ed efficacia alla gestione della cosa pubblica.

Non c’è nessuna volontà politica superiore che possa oggi obbligare un dirigente a firmare un provvedimento di proroga che non trova comunque il conforto del Consiglio di Stato, dell’AGCM oltre che la preoccupazione di evitare l’avvio di eventuali procedimenti penali così come avvenuto nei confronti di molti che hanno deciso di firmare rinnovi/proroghe fino al 2033.

Soltanto il legislatore, di cui auspico come tutti un definitivo intervento, potrà quindi fugare i molti dubbi e ricomporre le  opposte interpretazioni,  mettendo fine ad una vicenda complessa  che merita di trovare soluzione”.