LECCE – Muore dopo aver contratto il Covid19, ma a quanto pare senza ricevere una giusta assistenza sanitaria. Almeno così denunciano i suoi famigliari. Aveva solo 39 anni Oronzo Castelluzzo, leccese, deceduto tra la notte del 3 e del 4 novembre scorso. A Lecce era conosciuto da tutti grazie al suo banco di crepes allestito nei pressi di Piazza S. Oronzo.
Un vero e proprio calvario quello che l’uomo ha dovuto affrontare, cominciato agli inizi di ottobre, quando il primo tampone è risultato positivo al coronavirus, così come quello della moglie, negativa invece la figlia che è riuscita a scampare al virus. Nell’ultima settimana le cose sono sempre più peggiorate fino a portare alla morte il giovane leccese. Una situazione aggravata probabilmente anche dal diabete di cui soffriva Castelluzzo. “I primi sintomi del peggioramento – racconta la sorella Caterina – sono arrivati quindici giorni dopo l’esito della prima analisi ed è cresciuta anche la preoccupazione, tanto da indurre mio fratello a chiedere il ricovero in ospedale, che però gli è stato negato perché ritenuto non necessario.” Trascorsa un’altra settimana le condizioni dell’ambulante sono continuate a peggiorare, “a quel punto – prosegue la donna – sua moglie ha richiesto nuovamente il ricovero presso il Dea lamentandosi della scarsa considerazione da parte dei sanitari verso lo stato di salute di mio fratello. Ma quando è stato finalmente ricoverato, gli hanno rilevato una forma gravissima di polmonite, senza però fare nulla fino al giorno successivo. In seguito ha avuto una forte crisi respiratoria ed è stato indotto in coma farmacologico, intubato e trasferito in reparto rianimazione.”
Nonostante i tamponi continuassero a risultare negativi, il trentanovenne ha subito un blocco renale al quale si è aggiunto un malfunzionamento del fegato. Solo il biogramma avrebbe rilevato la presenza del Covid19 nell’organismo dell’uomo, morto dopo ore di agonia.
La famiglia di Castelluzzo, assistita dall’avvocato Ivan Feola, ha deciso di sporgere denuncia contro i sanitari del nosocomio leccese, perché, come sostiene fermamente, in diverse occasioni, il personale medico competente allertato, tra cui quello dell’U.S.C.A., avrebbe negato il ricovero ospedaliero all’uomo, sebbene questi dimostrasse una condizione di salute compromessa con livelli di diabete elevati, febbre alta e scarsa capacità respiratoria.
Toccherà ora alla Pm Paola Guglielmi appurare se la vicenda che ha visto un giovane di soli 39 anni perdere la vita sia un caso di malasanità o meno.