LECCE – “Torturarli, ucciderli e lasciare una scritta sul muro”. E ancora: E’ un ragazzo timido, schivo e introverso”. Sono queste le prime frasi che cominciano a “girare” sul presunto killer, in un’area geografica tendenzialmente tranquilla come quella leccese, dove si è consumato l’efferato duplice omicidio dei due fidanzati Eleonora Manta e Daniele De Santis.
Il movente – come avrebbe affermato il killer rispondendo alle domande degli investigatori – sarebbe da ascrivere all’invidia verso una coppia felice. Ma la gente comune, sgomenta, si chiede se sia davvero possibile uccidere per invidia. Lo abbiamo chiesto ad un esperto, il dottor Mirco Turco, psicologo, criminologo e scrittore leccese.
L’invidia può uccidere?
“La risposta è sì. Ma non può essere esaustiva. Perché la felicità è sempre soggetta all’invidia, come direbbe Socrate. O in modo più suggestivo, l’invidia è l’ulcera dell’anima. È un grave errore se consideriamo normale ciò che non lo è. L’invidioso non ha un Io forte e strutturato e si poggia su un Io gregario, come direbbe Andreoli. È già un buon inizio per specificare che l’invidia non è sufficiente per scatenare una furia omicida, a meno che non sia “affiancata” ad una certa struttura di personalità. La follia si annida, dunque, in un’apparente normalità, aggiungerei e il duplice omicidio nella nostra Lecce ne è un chiaro e mostruoso esempio”.
Quale altra caratteristica potremmo desumere?
“Nella condotta delittuosa delineatasi si intravede, oltre all’invidia, una grossa dose di sadismo che contraddistingue, in realtà, molti delitti mostruosi. Il sadismo viene inquadrato per indicare alcune “deviazioni sessuali” un cui il soggetto cerca la sofferenza fisica e psicologica come mezzo per ottenere il piacere. Freud, suggestivamente, ricorda però che tale comportamento va inserito in un registro più ampio che comprende due atteggiamenti speculari: masochismo e sadismo. Le pratiche masochiste, infatti, possono facilmente ribaltarsi e “laddove vi è il masochismo possiamo sempre ritrovare anche il polo opposto, il sadismo”.
Personalità sadico-masochista quindi?
“E’ probabile, soprattutto se consideriamo il duplice omicidio in questione. O meglio, quello che ne sappiamo, al momento, su questo efferato episodio. Il comportamento sadico viene visto come una sorta di lutto negato o patologico, come un tentativo di rifiutare una perdita e compensarla con una fantasia. Ed è proprio da quanto emerge dalla vicenda e dalle prime ricostruzioni. Il risultato di questo percorso è perciò lo sviluppo di una perversione che sostituisce la relazione, un rapporto, una dinamica interpersonale. Tale soluzione appare però precaria e instabile e sovente, il soggetto sarà spinto all’azione criminosa, così come purtroppo è accaduto”.
Ma quanto è stato importante l’atteggiamento assunto dalla vittima?
“Nella condotta criminosa, in verità, al sadico interessano maggiormente le proteste di innocenza della vittima, le implorazioni di perdono e i vani tentativi di convincerlo a non compiere un’azione violenta. Il sadico gode anche e soprattutto di questo! In molti sadici, inoltre, si ritrova una forma di distacco emotivo e una percezione di controllo della situazione, prova ne sia è la condotta organizzata del presunto killer.
Le persone con tratti di sadismo tendono ad essere aggressivi e traggono piacere solo dopo aver danneggiato la vittima. È importante anche dire che, secondo alcuni studi, il sadismo non è però solo presente nei crimini efferati, ma anche nella gente comune! Il sadismo potremmo ritrovarlo nel bullo, così come nel teppista di strada o in un gruppo di tifosi di uno sport”.
Cos’altro potrebbe esserci dietro?
“Il sadismo sessuale può anche essere correlato a caratteristiche personologiche che vanno da quelle narcisistiche maligne a quelle paranoidi. Se tali caratteristiche sono egosintoniche però, siamo in presenza di un disturbo grave di personalità. Ritengo, infatti, che la strada da seguire sia proprio questa. Tema comune di questo tipo di persone è il vuoto esistenziale, esacerbato dalla disperata solitudine e da una profonda tristezza, fittiziamente colmati da un crimine. Costoro vivono nella morte, e dandola agli altri hanno l’impressione (a livello inconscio) di poter trionfare su di essa. Il passare all’atto diventa una difesa di tipo ipomaniacale dalla depressione, direbbe Fornari. La persona viene degradata a cosa, ad una cosa da poter dominare, umiliare, distruggere”.
È proprio vero che la normalità non esiste?
“Io sostengo sempre che dobbiamo valutare maggiormente la “quantità delle cose” e non la “qualità”. Un lieve sadismo nell’individuo è normale, ma se è spropositato non lo è più. Sentirsi depressi ogni tanto è anche normale, se sono sempre depresso, la cosa cambia! Queste prime riflessioni pongono l’accento quindi su quanto sia complesso “valutare” l’essere umano e quanto sia diffusa quella “maschera di salute mentale”. L’essere umano è forse per natura asociale, narcisista, perverso e polimorfo, direbbe Freud o probabilmente, occorre farsi altre e profonde domande e scavare nei vissuti ancestrali degli individui. Considerate bene ciò che disprezzate e vi accorgerete che è sempre una felicità che non avete, direbbe Paul Valery. Al contempo, gli uomini sono stupidi e bramosi degli averi altrui, abusano della propria superiorità quando sono forti e diventano delinquenti quando sono deboli concluderebbe Voltaire. È proprio della “debolezza” umana che dovremmo occuparci oggi, forse più di ieri, affiancandoci con maggior senso, umiltà e responsabilità”.