Una riflessione sofferta. Mentre ieri veniva inaugurata la postazione medicalizzata del 118 nel “S. Giuseppe” , un “Uomo” assistito da medici ed infermieri attenti e di cuore, è morto in una vana attesa dopo 28 ore in pronto soccorso. Uno dei tanti malati che muoiono, ci diremo forse, un numero, per qualcuno appassionato di darwinismo, uno che non ce l’ha fatta. Ma il punto, è un altro: L’ospedale “S. Giuseppe” è aperto o è chiuso? E’ accessibile o no? (nel senso di vero non figurato) Funziona o no? Ha tutti i medici, infermieri, oss, o non ne ha? Ha tutti i reparti con il personale in numero adeguato o no? Puo curare in sicurezza o no? Le professionalità ci sono eccome, ma sono messe nelle condizioni di lavorare bene ed in sicurezza? Se non si possono fare tamponi con esiti della tempistica degli ospedali vicini, e si resta per ore sospesi, se non funziona il centro trasfusionale, (con grave rischio, sacche di sangue anche dopo 13 ore) se la cardiologia è oberata, se l’ortopedia non rientra nel pieno della funzionalità, né la radiologia; se la terapia del dolore si deve fare ormai solo nel reparto oncologico del Fazzi. Questo può definirsi ospedale? È ancora il nostro ospedale aperto? Non chiediamo che quello che il declassamento ci ha riconosciuto: essere un ospedale di base! Il “S. Giuseppe” ha subìto troppo, troppo hanno dato i medici e tutto il personale sanitario dimensionato. Per Ritornare ad essere quella palestra e quella scuola, lo si deve volere, senza più rattoppi, per correggere scelte sbagliate. O il “S. Giuseppe” ritorna ad essere quello che era o meglio che non sia più, se questo deve costare la dignità della sua storia. Gli uomini sono uomini, la vita è sacra, provi a riflettere senza ferire chi li chiama disservizi e non offenda il dolore di chi in quelle attese ha dovuto subire anche la beffa di un’inaugurazione . C’è gente che non ha nessuno, non ha i mezzi di chi può. Non parliamo di appartenenze, perché qui la parte è una sola e chiama in causa la salute e i diritti di tutti, ma prima ancora, di chi non può. Resto una donna che ha sempre votato con coerenza a sinistra, ma questo non mi ha mai impedito la libertà di pensiero, né mi obbliga al silenzio complice. La politica e la questione morale sono ancora la stessa cosa per me”.