“Il Primo Maggio quest’anno si presenta con forma e sostanza inedite. Logo indelebile di questa Festa del Lavoro sarà l’immagine dei tanti lavoratori che in questa dolorosa emergenza hanno permesso al Paese di resistere. Un grazie va rivolto a chi ha dimostrato con i fatti che il nostro Paese si salva se riparte dal lavoro, un grazie a quanti hanno presidiato ogni postazione della trincea socio-sanitaria ed ai tanti che, nella pubblica amministrazione, nelle filiere produttive e nelle reti dei servizi di ogni tipo, hanno continuato a fare il loro dovere.
Duole non essere nelle piazze, non rigenerare l’occasione di incontro e di riflessione della comunità del lavoro, ma la data ricade ancora interamente nella fase 1 dell’emergenza sanitaria che il Paese sta vivendo e quindi si impongono altre modalità per onorare la ricorrenza.
Altra modalità avranno Concertone e manifestazione nazionale ed altra modalità avrà il modo di vivere la giornata nei territori. Anche a Lecce non sarà possibile ripetere la presenza dello scorso anno in Piazza Sant’Oronzo per dare voce con le parole e con la musica alla troppa precarietà, fragilità, negazione del lavoro nel nostro territorio.
La giornata di celebrazione del Lavoro come diritto e valore della persona, come occasione di realizzazione e di riscatto sociale, svela e dispiega una narrazione di maggiore incertezza e smarrimento. Alle consuete problematiche del nostro Paese, ed in esso ancor più dei territori del Mezzogiorno, relative al lavoro che manca, al disagio sociale diffuso, ad una crescita mai riattivata, si sono sommate paure ed inquietudini che stanno travolgendo il popolo italiano per le conseguenze umane, sanitarie, sociali ed economiche che per il mondo del lavoro si declinano prioritariamente, nella particolare situazione, nel rischio di perdere occupazione e reddito e nel diritto alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Temi questi che il sindacato confederale ha tempestivamente e con forza presidiato nel confronto con il Governo, sin dall’avvio della fase di fermo del Paese, generando stringenti Protocolli per il contrasto della diffusione del virus negli ambienti di lavoro e un utilizzo senza precedenti degli ammortizzatori sociali per sostenere il reddito dei lavoratori, per evitare il ricorso ai licenziamenti, per rendere possibile una ripartenza dei sistemi produttivi e dei servizi.
Nella nostra Provincia oltre 15.000 aziende hanno richiesto l’attivazione dei vari ammortizzatori per un numero di lavoratori prudentemente stimato in oltre 80.000, a cui sommare gli invisibili del lavoro domestico e di cura, del lavoro stagionale nel turismo e nello spettacolo, delle giornate in agricoltura e delle partite Iva, vere o false. Per questi lavoratori si tratta di garantire intanto la tempestività del sostegno al reddito, tempestività al momento a molti negata. Particolarmente preoccupante il dato della Cig in deroga a causa della lentezza con cui sta procedendo l’esame delle istanze da parte della Regione Puglia.
In questi giorni anche nel nostro territorio si avvia la delicata fase della ripartenza delle attività produttive, tanto necessaria sul piano economico quanto problematica in relazione alla garanzia delle condizioni di salute e di sicurezza. I cosiddetti Protocolli Covid19 hanno definito un adeguato quadro di azioni preventive e di comportamenti idonei, ora occorre con serietà e scrupolosità adattare le previsioni ai reali, diversificati e complessi, contesti lavorativi. Un grande lavoro di informazione e di affermazione di modelli di comportamento dei lavoratori, una rivoluzione nell’approccio dei datori di lavoro in questa materia finora ritenuta da tanti derogabile ed infine una grande azione di indirizzo, di controllo e, ove necessario di repressione delle inadempienze da parte delle stesse parti sociali e degli organi pubblici, a partire da Asl, Ispettorato del Lavoro e Inail.
Il Paese, il Mezzogiorno, il nostro territorio devono trovare una modalità per ripartire; ripartire in coerenza con il diritto alla salute; ripartire da un ripensamento del rapporto fra valore sociale e valore economico delle attività produttive; ripartire da una programmazione di lungo e medio periodo della ricostruzione in un contesto europeo; ripartire da una coesione istituzionale e sociale smarrita da troppo tempo; ripartire da una rinnovata centralità dell’intervento nei territori meridionali la cui fragilità in termini di reddito, di occupazione, di sistemi produttivi, di infrastrutture civili e sociali rischia di inibirne proprio la capacità di ricostruzione.
Per costruire il futuro, in un presente fortemente disarticolato, occorre predisporsi al cambiamento. A partire dalla situazione di emergenza sanitaria, ma andando oltre la stessa, nel nostro Salento dobbiamo ricostruire un senso di comunità e ritornare ad essere un sistema territoriale, dobbiamo imparare a riconoscere le interdipendenze esistenti fra i sistemi produttivi locali, le reti infrastrutturali, l’efficienza della pubblica amministrazione, l’efficacia dei sistemi sanitari e della formazione e ricerca, i sistemi di protezione sociale nelle fragilità esistenziali, lo stretta legame fra buona impresa e buona occupazione.
In direzione di questo cambiamento andrà nel nostro Paese e nel nostro territorio l’azione del sindacalismo confederale, nell’interesse della comunità del lavoro che rappresentiamo e nella consapevolezza che se nulla sarà come prima occorre scegliere verso quale futuro andare”.