Diritto alla salute e relazioni familiari: l’Sos dei detenuti leccesi
LECCE – Diritto alla salute, prima di tutto. Mentre nelle carceri di mezza Italia impazza una protesta sin troppo veemente sfociata in alcuni casi in episodi di violenza e in massicce evasioni, così come è accaduto a Foggia, al carcere di Borgo San Nicola di Lecce, si respira un’aria diversa. Per fortuna. In questo momento storico complesso e delicato il Collettivo Rosa dei Venti – laboratorio che promuove percorsi e progetti culturali e sociali all’interno dell’Istituto penitenziario di Borgo S. Nicola – esprime la propria solidarietà “con quanti in queste ore stanno semplicemente rispettando il decreto che coinvolge tutti noi senza distinzioni di classe razza e categoria. Perciò vogliamo rassicurare quanti credono in una rivolta generalizzata nelle carceri, noi prendiamo le distanze da ogni tipo di disordine e non cavalchiamo l’ondata di isteria collettiva che degenera all’esterno come in altri istituti. Continuiamo a vivere la nostra detenzione con dignità, maturità e rispetto di chi in queste ore è chiamato a gestire la complessa vita del mondo carcerario”. “Noi – si legge ancora nella nota – non chiediamo nulla di più di quanto non ci sia già garantito, il diritto alla salute, e restiamo in cella a continuare la nostra quarantena esercitando il libero pensiero e l’autocritica. Non siamo tutti ribelli, abbiamo imparato a riconoscere la differenza tra un ribelle e un sovversivo. Non abbiamo nessuna intenzione di infrangere le regole, perché abbiamo imparato dai sovversivi veri che sono gli scrittori i filosofi i pensatori seri, che ci vuole un minuto per infrangere le regole, ma ci vuole una vita intera per cambiarle. Speriamo di essere la voce di chi non ha voce, la voce di chi semplicemente resta seriamente al suo posto pur sapendo di non poter vedere i propri cari per ragioni di sicurezza che impongono a nostra tutela misure straordinarie”. Sulla questione interviene pure Maria Mancarella, Garante per i diritti delle persone private della libertà personale della Città di Lecce: “La mia solidarietà va a tutti i detenuti e le detenute, ai loro parenti, alle tante persone che lavorano nel carcere, alla Polizia penitenziaria e alle altre Forze dell’Ordine impegnate per riportare la calma negli Istituti in rivolta, tutti insieme impegnati nel far fronte alle conseguenze delle limitazioni decise dal Governo per rispondere all’emergenza coronavirus. A tutti rivolgo il mio appello alla collaborazione e al rispetto reciproco. La Direzione della del carcere di Lecce sta facendo il massimo per garantire una corretta informazione relativamente alle decisioni prese da Governo e dalla Direzione dell’Amministrazione Penitenziaria, per migliorare l’utilizzo dei colloqui telefonici, per venire incontro alle esigenze di tutte le componenti di una realtà complessa e variegata come il carcere. Il diritto alla salute di tutti/e anche delle persone ristrette va assolutamente salvaguardato, così come quello alla tutela delle relazioni familiari di chi vive in una situazione di restrizione della propria libertà. In questo momento, la difficoltà maggiore è quella di trovare il giusto equilibrio tra i due diritti. L’emergenza Covid19 in tutta la sua gravità sta evidenziando, esasperandoli, i tanti problemi rinviati, sottovalutati, non risolti, di cui soffrono tutti gli Istituti penitenziari. Coloro che vivono in condizioni di restrizione ed esclusione soffrono inevitabilmente in modo più angosciante e penoso le conseguenze degli interventi restrittivi volti, se pur per legittime motivazioni, a limitare o sospendere sia le occasioni di incontro con i propri familiari sia la presenza dei volontari, importante ponte con l’esterno; il rischio è l’isolamento che può portare alla disperazione. È, perciò, indispensabile mettere gli istituti penitenziari nelle condizioni di garantire a tutti i detenuti e le detenute il diritto a comunicare con i loro cari, anche giornalmente, per telefono o tramite l’utilizzo di video chiamate, nel mentre è auspicabile che i Tribunali di sorveglianza con rapidità diano risposta alle richieste di detenzione domiciliare, favorendo l’utilizzo di misure alternative per chi sta scontando la parte finale della pena. È necessario, quindi, che siano prese misure urgenti per ampliare il numero e la durata delle telefonate e sostenere la messa in opera di attività interne e che, nel contempo, si adottino provvedimenti capaci di ridurre i numeri della popolazione detenuta, limitando il flusso in ingresso e aumentando quello in uscita. La situazione è eccezionale e come tale va affrontata”.