Nelle ultime 24 ore a Lecce non si parla altro che di “Anatra zoppa”, un termine che va tanto di moda per evidenziare l’assenza di una maggioranza in Consiglio comunale per il Sindaco e la sua Giunta. La sentenza del Consiglio di Stato, che ha ridisegnato la composizione del Consiglio comunale riassegnando la maggioranza al centrodestra, ha buttato nel caos gli assetti di una Giunta comunale che stava iniziando a carburare, ma soprattutto ha messo in evidenza una grave dimenticanza di chi ha redatto la legge elettorale per l’elezione dei sindaci. Stabilire se prevalga il concetto di rappresentatività o quello di governabilità nel sistema maggioritario a doppio turno con possibilità di voto disgiunto tra consigliere e sindaco. Proprio l’aver permesso nella legge elettorale il voto disgiunto lascia insoluto questo problema, visto che in Francia, dove abbiamo lo stesso sistema di voto, non si permette una situazione tale (le elezioni del Presidente e del Parlamento d’Oltralpe non vengono effettuate nelle stesse date).
Prima del ’94 nel nostro Paese erano i consiglieri comunali che eleggevano un “primo cittadino” che fosse lo specchio di una maggioranza consiliare. Ma dopo quella data, la scelta di eleggere direttamente il sindaco con i voti dei cittadini, passando ad un sistema maggioritario, ha offerto un cambiamento di prospettiva su ciò che dovesse prevalere nel momento della chiamata al voto. Se prima l’unica possibile missione per l’elettore nel chiuso della cabina era quella di scegliere il suo rappresentante, da quasi un quarto di secolo a questa parte l’elettore ha modificato la sua visione sulla politica comunale. Scegliere un sindaco che tenesse unita una coalizione è diventata la priorità del sistema di voto, al punto che è stato scelto il sistema a doppio turno con il ballottaggio nel caso in cui il sindaco più votato non raggiungesse la maggioranza assoluta dei voti al primo turno. Tutto ciò, però, senza porre in secondo piano il concetto di rappresentatività.
A Lecce dove, con il voto disgiunto al primo turno, la cittadinanza ha dato una maggioranza assoluta solo ai consiglieri di centrodestra e non al sindaco della coalizione e dove ha preferito un cambiamento di guida della città con la scelta al ballottaggio del sindaco di centrosinistra, emerge una realtà politica che avvicina il Salento agli Stati Uniti. Mi spiego meglio. Negli States sussiste il Presidenzialismo, dove il Presidente viene eletto direttamente dai cittadini. Il Congresso, formato dalle due Camere è eletto separatamente dall’elezione presidenziale e per questo esiste una netta divisione dei poteri tra legislativo ed esecutivo. Spesso accade, così, che la maggioranza delle due Camere non sia dello stesso schieramento di cui fa parte il Presidente, ma questo non produce ingovernabilità. Al contrario rafforza la democrazia.
A Lecce da ieri abbiamo la stessa situazione statunitense. Come se il voto dello scorso giugno fosse da scindere in due. Prima l’elezione del Consiglio al primo turno e poi la scelta del Sindaco al ballottaggio. Queste due scelte, in controtendenza l’una con l’altra, sono incontrovertibili ma allo stesso tempo non inconciliabili in ottica democratica. Come uscire da questa apparente impasse? Non certo con la sfiducia al Sindaco o con le sue dimissioni, ne uscirebbero sconfitti gli elettori e la democrazia stessa. Si dirà che negli Stati Uniti le Camere non possono sfiduciare il Presidente, altrimenti casi di sfiducia ce ne sarebbero stati a iosa. Può essere, ma sono le leggi americane che hanno prodotto dialogo e maturità politica nel corso dei decenni. Da noi le leggi elettorali, emerse nella cosiddetta Seconda Repubblica, lasciano spazio a ricorsi o ad incostituzionalità, quindi sono i politici in questa situazione difficile per la macchina amministrativa comunale che devono dimostrare maturità. Il dialogo è la parola che dovrà prevalere adesso, perché il legislativo e l’esecutivo devono poter essere indipendenti l’uno dall’altro e trovare comunque un modo per far crescere questa città che non può fermarsi proprio adesso. Altrimenti non zoppicherà un’anatra, ma la democrazia.