La prestigiosa rivista Science ha pubblicato il 22 settembre, un articolo in cui riporta l’evidenza sperimentale che i raggi cosmici con energie un milione di volte superiori a quelle che siamo riusciti a produrre nei laboratori terrestri, provengono dal di fuori della nostra galassia.
La scoperta è frutto dell’analisi dei dati raccolti dall’istituto Pierre Auger il più grande osservatorio di raggi cosmici mai costruito dall’uomo in Argentina che raccoglie stabilmente dati dal 2004.
Oggi oltre 500 fisici da quasi 100 istituti nel mondo collaborano all’osservatorio. L’Italia è presente con 11 tra università e sezioni INFN (dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) ed INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) per un totale di circa 50 ricercatori. L’Università del Salento fa parte di questo prestigioso team di ricerca insieme con la sua sezione locale dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ha contribuito alle realizzazione dell’Osservatorio Pierre Auger e partecipa attivamente al suo programma di aggiornamento insieme alle università di L’Aquila, Catania, Milano, “Federico Secondo” di Napoli, Roma Tor Vergata, Torino, Politecnico di Milano, i Laboratori del Gran Sasso e il Gran Sasso Science Institute.
La ricerca pubblicata su Science risponde ad un interrogativo che è sorto fin dagli anni ‘60, quando si è scoperta l’esistenza di raggi cosmici con energie così grandi e si è speculato sulla loro origine: sono prodotti nella nostra galassia o provengono da galassie lontane? Dopo più di 50 anni, il mistero è stato svelato osservando particelle cosmiche di altissima energia. Gli scienziati che analizzano i dati raccolti dall’Osservatorio Pierre Auger hanno scoperto che, a queste energie, i raggi cosmici non arrivano in maniera uniforme da tutte le direzioni del cielo, ma che la loro frequenza di arrivo è di circa il 6% maggiore da un lato del cielo rispetto alla direzione opposta.
Il professor Daniele Martello (Università del Salento), portavoce della collaborazione italiana all’interno dell’Osservatorio ritiene che “Questa scoperta è un primo passo importante a cui ne seguiranno molti altri non appena l’Osservatorio sarà in grado di identificare la natura dei raggicosmici più energetici”.